Operazione antidroga sui Lattari: in manette i boss Gargiulo, Di Lorenzo e altri sei


Importante operazione antidroga da parte dei carabinieri della compagnia di Castellammare che hanno inferto un duro colpo ai narcos dei Monti Lattari. Sono stati infatti arrestati Antonino Di Lorenzo detto o’ lignammone, uno dei più importanti esportatori di marijuana della Campania e con lui a Lettere è finito anche il figlio. Mentre a Casola è finito in manette un  altro personaggio di primo piano del traffico di “fumo” ovvero Ciro Gargiulo detto Ciruzzo o’ biondo. I due sono stati arrestati nell’ambito della maxi operazione antidroga tra L’Aquila e provincia di napoli che ha portato in carcere otto persone per associazione finalizzata alla coltivazione e al traffico illecito di sostanze stupefacenti, su esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale dell’Aquila, a firma del giudice Guendalina Buccella, e richiesta dalla Direzione Distrettuale Antimafia del capoluogo. L’operazione si ricollega all’ingente sequestro del 28 settembre 2016, quando i militari scoprirono una coltivazione di marijuana nelle campagne di Luco dei Marsi camuffata da piante di mais. Allora i carabinieri sottoposero a sequestro alcune migliaia di piante di marijuana per un peso complessivo di circa 6 tonnellate e arrestarono tre persone, due trovate sul posto e una terza rintracciata pochi mesi dopo. Da subito fu intrapresa un’attivita’ di indagine, coordinata dai pubblici ministeri Stefano Gallo e Roberto Savelli e condotta dalla Compagnia di Avezzano  e dal Nucleo Investigativo dell’Aquila. Gli accertamenti hanno fatto emergere inconfutabili elementi circa la partecipazione degli indagati a un’associazione finalizzata alla coltivazione di marijuana, rivelando come l’attivita’ fosse stata organizzata e finanziata da personaggi dell’area campana, due dei quali appartenenti a clan camorristici. Si tratta di sette uomini e una donna, localizzati tra la Marsica e la provincia di Napoli. Oltre a Di Lorenzo, al figlio 22 enne e a Gargiulo  in carcere sono finiti ance D.M.D., 41enne di Casola di Napoli, pregiudicato, destinatario di misura cautelare in carcere; A.C., 29enne di Castellammare di Stabia , incensurato, destinatario di misura cautelare agli arresti domiciliari;; P.D.N., 70enne di Gragnano  con precedenti di polizia, destinatario di misura cautelare agli arresti domiciliari; R.P., 57enne di Castellammare di Stabia, incensurato, destinatario di misura cautelare agli arresti domiciliari; A.S.D.G., 43enne di Luco dei Marsi (L’Aquila), con precedenti di polizia, unica donna del gruppo, destinataria di misura cautelare agli arresti domiciliari. Gli arrestati avevano individuato la zona della Marsica, e in particolare del Fucino, come luogo ideale per delocalizzare la produzione della marijuana, attivita’ da lungo tempo svolta nella provincia di Napoli. L’indagine ha fatto emergere che un primo tentativo era stato gia’ realizzato nel 2015 a Luco dei Marsi, ma la piantagione non era andata a buon fine a causa di alcuni errori commessi nella gestione della coltivazione ed era stata data alle fiamme. Dopo il sequestro e gli arresti del 2016 l’associazione non si e’ pero’ scoraggiata. Ancora un tentativo di coltivazione, poi fallito, e’ stato fatto nel 2017, nelle campagne tra Scurcola Marsicana e Capistrello (L’Aquila). E anche quest’anno gli indagati, monitorati dai militari, si sono mossi sin dal mese di gennaio alla ricerca di un terreno idoneo alla coltivazione di marijuana nelle campagne della Marsica. Ritenevano infatti di poter continuare a operare in questa zona in maniera pressoche’ indisturbata, confidando in una scarsa azione di controllo da parte delle forze dell’ordine del posto. Il giudice, in particolare, ha ritenuto rilevanti le posizioni di due soggetti (A.D.L. e C.G., destinatari di misura cautelare in carcere), appartenenti a clan camorristici radicati nella provincia di Napoli e dediti in via quasi esclusiva al traffico anche internazionale di stupefacenti, esperti nell’attivita’ di coltivazione di piantagioni di marijuana, individuati come finanziatori e coordinatori nell’area campana di numerose coltivazioni di stupefacenti. L’indagine ha evidenziato che i due uomini svolgevano un ruolo apicale all’interno dell’associazione smantellata, provvedendo al finanziamento delle operazioni e al coordinamento delle attivita’ di semina, cura e raccolto, funzionali poi alla lavorazione e alla successiva commercializzazione dello stupefacente. I tre uomini destinatari della misura in carcere si trovano ora nella casa circondariale di Secondigliano  e Poggioreale. Di Lorenzo e Gargiulo  erano usciti lo scorso anno dal carcere dopo essere stati arrestati nel 2014 nel corso dell’operazione “Secundario” che portò in carcere 17 persone. In quella occasione la Guardia di Finanza scoprì un cartello di cinque clan che si erano alleati per  esportare la droga ma anche per importare la cocaina dal Venezuela, Spagna e Olanda. Il cartello criminale  era composto oltre che dal clan dei Monti Lattari con Di Lorenzo, Gargiulo e Ciro Orazzo (ucciso nell’ottobre scorso e nipote acquisito dell’anziano patriarca della camorra locale Catello Cuomo o’ caniello) vi erano anche i clan di  Torre Annunziata, Torre del Greco. della Piana del Sele e di Andria in Puglia. In quella circostanza furono individuati diversi terreni, anche demaniali, utilizzati per realizzare la coltivazione della canapa indiana situati prevalentemente sui Monti Lattari, ma anche nella Piana del Sele e a Canosa di Puglia e Grottaglie, dove avveniva la semina e la successiva coltivazione delle piante di marijuana.In una serie di intercettazioni sulle utenze in uso ai familiari in vari continenti si scoprirono messaggi in codice per sfuggire, invano, ai controlli delle forze dell’ordine. Le indagini degli uomini della Guardia di Finanza di Castellammare di Stabia, coordinate dai pm della DDA di Napoli, hanno svelato persino dei codici cifrati con parole di dieci lettere. Ad ogni lettera era associato un numero – da zero a nove – che messo insieme formava quello della nuova utenza da contattare anche in Venezuela, in Spagna od in Olanda. Curiose le parole scoperte dai finanzieri: in un caso i presunti narcos dei Lattari utilizzavano la parola “Secundario”; in un altro “Berlusconi”.