FOCUS. Marchionne il manager laureato in filosofia che ha salvato la Fiat


Sergio Marchionne sarà ricordato come l’imprenditore che nel 2004 ha salvato la Fiat dal fallimento, trasformandola nel settimo gruppo automobilistico mondiale. Il manager che gioca a poker laureato in filosofia. “Quando ho iniziato l’università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto – dirà – semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me”. Marchionne è l’uomo dai piani ambiziosi, passeranno alla storia l’acceso scontro nelle fabbriche, l’uscita da Confindustria e l’alleanza con la Chrysler. Nato 66 ani fa a Chieti, Marchionne è figlio di un maresciallo dei carabinieri e con l’arma manterrà un forte legame tanto che, come un segno del destino, l’ultima immagine pubblica del manager è la consegna di una Jeep al Comando Generale a Roma. A 14 anni si trasferisce con la famiglia in Canada, dove consegue tre lauree, in Filosofia, Economia e Giurisprudenza. Inizia l’attività da manager in Svizzera e nel 2002 assume le redini di Sgs, il colosso aziendale che opera nei servizi di certificazione. Voluto da Umberto Agnelli, l’anno dopo, è il 2004, entra nel consiglio Fiat. Dopo la sua morte diventa Amministratore Delegato al posto di Giuseppe Morchio al fianco di Luca di Montezemolo e John Elkann. Porta avanti la battaglia contro la rigidità del contratto nazionale, si scontra con la Fiom sia in fabbrica che nelle aule di giustizia sulla questione della governabilità delle fabbriche. Chiede flessibilità come condizione per investire a Pomigliano e a Mirafiori, con la minaccia di portare altrove gli investimenti. Apre un altro fronte con Confindustria e a inizio 2012 esce dall’associazione. Una decisione ritenuta clamorosa perchè la Fiat era stata uno dei suoi soci fondatori. Quattordici anni contrassegnati dal lancio di nuovi modelli, con lo spostamento del baricentro dall’auto di massa al segmento premium, gli scorpori di Fiat, Ferrari e Cnh e quello avviato di Magneti Marelli, il rilancio dell’Alfa Romeo e i record della Jeep, lo sbarco a Wall Street. Sempre in volo tra l’Europa, l’America e il Brasile, resistente al fuso orario, lavoratore infaticabile, Marchionne e’ convinto della necessita’ di un consolidamento nell’auto. Tenta un accordo con Generale Motors, fallito per l’opposizione dell’amministratore delegato Mary Barra. Non mancano gli errori, ammessi con serenita’, come il ritardo dello sbarco in Cina e le false partenze di Alfa Romeo. Al centro anche delle relazioni politiche mondiali, ma senza intenzione di fare parte di quel mondo (“Scherziamo? Io faccio il metalmeccanico”, dice): amato da Barack Obama ma anche ‘il preferito’ del presidente Donald Trump, pronto a trattare con la cancelliera Angela Merkel quando prova a comprare la Opel. Corteggiato in Italia da Silvio Berlusconi, che gli offre la candidatura a leader del centrodestra, a fasi alterne con Mario Monti e Matteo Renzi. Fiat, poi Fca e dal 2014 anche Ferrari dove lo porta la grande passione per il Cavallino e dove sarebbe rimasto fino al 2021: presente ai Gran Premi, lui stesso a bordo di bolidi della Rossa, a settembre avrebbe presentato il nuovo piano industriale. Non ha fatto in tempo, ma il futuro lo ha tracciato con l’annuncio del primo suv e di una supercar elettrica. Grande fumatore fino a qualche mese fa, Marchionne, appassionato di jazz e lirica ma anche di cantautori come De Andre’, e’ l’uomo dal look casual. L’abito formale non l’ha mai amato. Nessun dress code rigoroso neppure agli appuntamenti ufficiali, come la visita della Merkel a Maranello. Il suo preferito e’ il pullover nero a girocollo, comprato in serie su internet. Niente vita mondana, preferiva una buona cena o la lettura di un libro.

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