“Entrò” nel sito della Nasa, indagato hacker italiano 25enne


Individuato un hacker autore di numerosi cyberattacchi a siti istituzionali: investigatori della Polizia Postale e delle Comunicazioni hanno eseguito una perquisizione informatica, disposta dalla Procura di Brescia, nei confronti di un 25 di Salò (Brescia), R.Z., disoccupato, ritenuto responsabile della violazione di 60 siti istituzionali di enti territoriali (fra cui quelli della Polizia Penitenziaria, di alcune provincie della Toscana e della RAI), nonché di otto domini collegati all’agenzia spaziale statunitense NASA, la cui home page nel 2013 fu sostituita con la tecnica del “defacement”. Fatale, per il ragazzo, è stata la rivendicazione delle proprie gesta sui principali social network come appartenente alla crew “Master Italian Hackers Team”, una comunità già nota per aver perpetrato numerosi attacchi a vari siti internet istituzionali. Ma è solo dopo aver violato i sistemi di sicurezza dei domini collegati alla Nasa che la notorietà della crew aveva raggiunto una popolarità internazionale, tanto da attrarre sui propri componenti l’attenzione degli uomini del CNAIPIC (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche) del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, i quali hanno così aperto un’indagine per individuare l’autore della rivendicazione. Le indagini della Postale sono sfociate in una perquisizione che ha portato al sequestro di dispositivi informatici il cui contenuto ha permesso di acquisire importanti elementi utili. Posto di fronte alle contestazioni ed all’evidenza degli elementi acquisiti, il 25enne ha ammesso le sue responsabilità di fronte agli investigatori della Postale. La complessa ed articolata attività d’indagine, diretta dalla Procura della Repubblica con il coordinamento del Servizio polizia Postale e delle Comunicazioni di Roma, ha permesso agli agenti della Postale di Milano di individuare l’autore dell’attacco nei confronti della Nasa e di acquisire ulteriori elementi per potergli attribuire la violazione di almeno altri 60 siti istituzionali del Paese. Alle contestazioni mossegli, Z.R. non ha potuto far altro che ammettere le proprie responsabilità.

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