Napoli. Deceduto a Vico Equense l’ex capo della mobile Matteo Cinque, fu l’uomo che ostacolò il superboss Pio Vittorio Giuliano


Questa mattina, alle ore 10 nella Parrocchia di S. Ciro, a Vico Equense , si terranno i funerali di Matteo Cinque, ex capo della Squadra mobile di Napoli, morto all’ eta’ di 74 anni. Ex responsabile della Criminalpol di Campania e Molise, questore di Palermo, Trapani, Salerno e di Catanzaro, Matteo Cinque si era ristabilito dopo la pensione a Vico Equense, sua cittadina natale, dove faceva vita ritirata. Lascia la moglie e due figlie. Attivo negli anni ’80 e ’90 nella lotta contro la camorra e la mafia, Cinque era stato accusato da un pentito di camorra, Pasquale Galasso, di aver favorito il clan Alfieri. Dopo 8 anni fu prosciolto e nominato Questore di Catanzaro. “Ho conosciuto Matteo Cinque quando era capo della Squadra Mobile di Napoli ed io dirigevo la sezione Volanti. Era una persona molto, molto in gamba”. Lo ricorda cosi’ Romolo Panico, Questore a Catanzaro dopo di lui. Matteo Cinque aveva preceduto Panico anche nella funzione di vicequestore prima a Torre Annunziata, dove giunse subito dopo la ”strage di Sant’Alessandro”, 34 anni fa, una vendetta delle famiglie Bardellino, Alfieri e Fabbrocino, verso il boss Valentino Gionta e del suo clan che provocò 8 morti, e successivamente al commissariato di Castellammare di Stabia. ”Erano i tempi della guerra tra la ‘Nuova camorra organizzata’, che faceva capo a Raffaele Cutolo, contro la ‘Nuova Famiglia’ dei Bardellino, con i Nuvoletta e gli Alfieri – aggiunge Panico – e di lui ho il ricordo di un uomo molto attivo e impegnato nella battaglia su questo fronte. Serbo il ricordo di un uomo sempre attaccato alla sigaretta, con quei suoi basettoni neri e il fisico forte”. Matteo Cinque fu protagonista di molti blitz anticamorra a cavallo tra gli Ottanta e Novanta. Lo si ricorda anche per il recupero della salma del giovane Vittorio Giuliano, nipote del patriarca di Forcella Pio Vittorio morto di overdose e il cui corpo era stato portato via dall’Ospedale Ascalesi dove era morto. Mancavano due settimane al Natale del 1987 un overdose d’ eroina aveva stroncato la vita del 17enne Vittorio, figlio di Nunzio Giuliano. Lo avevano portato alle 18 all’ ospedale Ascalesi. Era in coma. Nemmeno quattro iniezioni di Narcan gli avevano salvato la vita. Ma il suo corpo era stato reclamato, più tardi, dalla famiglia. E allora si erano mossi in duecento. Il nonno, i genitori, gli zii non volevano che il bisturi del perito settore tagliuzzasse ‘ o guaglione. E forse non volevano ammettere, loro che ufficialmente avevano bandito l’ eroina, (qualche anno prima avevano tappezzato le strade di Forcella da manifesti contro l’uso di eroina) che uno della famiglia ne fosse rimasto vittima. E così con un’ azione senza precedenti s’ erano portati via il cadavere di Vittorio dall’ospedale. E si sentivano al sicuro, nella roccaforte di famiglia. In una stanza della grande casa al numero 15 di piazza Forcella, avevano allestito la camera ardente. Vittorio giaceva su di un lettino, sotto un drappo rosso, il vestito buono, e i familiari si apprestavano a vegliarlo tutta la notte. Ma alle 22 circa un poliziotto coraggioso e leale, Matteo Cinque, il capo della mobile napoletana, decise di giocare la carta della sorpresa imboccando da solo quel portone. Era disarmato,. Non aveva bisogno di armi per quello che doveva fare. Il suo ingresso fu accompagnato dal brusio dei tanti che lo avevano riconosciuto. Cercò con lo sguardo il patriarca Pio Vittorio e gli fece cenno di seguirlo in un’ altra stanza. “La legge è legge- gli spiegò Matteo Cinque- capisco il vostro dolore ma dovete restituirmi il ragazzo. Non possiamo accettare una provocazione del genere. Ed una guerra farebbe solo morti. Non li voglio io, non credo li vogliate voi”. Bastarono quelle poche parole perché Pio Vittorio, accettasse. Cinque se ne ritornò in strada. Con il radiotelefono avvertì la polizia mortuaria. Dopo qualche ora arrivò il carro funebre. “L’ ora più lunga della mia vita”, racconterà più tardi il capo della mobile con la preoccupazione che potesse accadere qualcosa da un momento all’ altro. Alle 23 la salma di Vittorio venne recuperata, e caricata su di un furgone diretto all’ obitorio del Primo Policlinico. Cinque, via radio avvertì i suoi uomini: “E’ tutto finito, ragazzi, andiamocene a casa, a dormire”.

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