Inchieste, camorra, Gionta e Nuvoletta: Giancarlo Siani, 34 anni fa l’articolo che firmò la sua condanna a morte


Sono trascorsi trentaquattro anni dal quel 10 giugno 1985 quando, sulle colonne del Mattino, un articolo a firma di Giancarlo Siani avrebbe condannato il giornalista a morte. Con le sue inchieste mirate a portare alla luce il giro di malaffare generatosi per gli appalti post terremoto del 1980 e rivelazioni ‘scottanti’, come quando rivelò della soffiata giunta dall’interno del clan dei Nuvoletta che avrebbe portato all’arresto del boss oplontino Valentino Gionta. Un personaggio ritenuto scomodo dai capi della Nuova Famiglia al punto che questi ultimi maturarono la decisione di eliminare Giancarlo Siani, omicidio eseguito solo qualche mese più tardi, il 23 settembre 1985. Il dossier finito nel mirino dei boss rilevava particolari clamorosi circa l’arresto di Gionta, alleato con i Nuvoletta di Marano. Il tema trattato non lasciò affatto impassibile i due fratelli, Angelo e Lorenzo, i quali sarebbero passati per “infami” se avessero intrattenuto rapporti con le forze dell’ordine e ancor di più se avrebbero sgominato il campo con l’arresto del reggente del clan dei Valentini per lasciare campo libero all’ascesa personale e di Antonio Bardellino. Con la sentenza pronunciata in data 15 aprile 1987, esecutori e mandanti dell’omicidio di Giancarlo Siani, Ciro Cappuccio, Armando Del Corte, Lorenzo e Angelo Nuvoletta furono condannati all’ergastolo.
Questo l’articolo della condanna a morte pubblicato sul Mattino
“Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l’arresto del super latitante Valentino Gionta. Già da tempo, negli ambienti della mala organizzata e nello stesso clan dei Valentini di Torre Annunziata si temeva che il boss venisse «scaricato», ucciso o arrestato.
Il boss della Nuova famiglia che era riuscito a creare un vero e proprio impero della camorra nell’area vesuviana, è stato trasferito al carcere di Poggioreale subito dopo la cattura a Marano l’altro pomeriggio. Verrà interrogato da più magistrati in relazione ai diversi ordini e mandati di cattura che ha accumulato in questi anni. I maggiori interrogativi dovranno essere chiariti, però, dal giudice Guglielmo Palmeri, che si sta occupando dei retroscena della strage di Sant’Alessandro.
Dopo il 26 agosto dell’anno scorso il boss di Torre Annunziata era diventato un personaggio scomodo. La sua cattura potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra con l’altro clan di «Nuova famiglia», i Bardellino. I carabinieri erano da tempo sulle tracce del super latitante che proprio nella zona di Marano, area d’influenza dei Nuvoletta, aveva creduto di trovare rifugio. Ma il boss di Torre Annunziata, negli ultimi anni, aveva voluto «strafare».
La sua ascesa tra il 1981 e il 1982: gli anni della lotta con la «Nuova camorra organizzata» di Raffaele Cutolo. L’11 settembre 1981 a Torre Annunziata vengono eliminati gli ultimi due capizona di Cutolo nell’area vesuviana, Salvatore Montella e Carlo Umberto Cirillo. Da boss indiscusso del contrabbando di sigarette (un affare di miliardi e con la possibilità di avere a disposizione un elevato numero di gregari) Gionta riesce a conquistare il controllo del mercato ittico.
Con una cooperativa, la Do. Gi. pesca (figura la moglie Gemma Donnarumma), mette le mani su interessi di miliardi. È la prima pietra della vera e propria holding che riuscirà a ingrandire negli anni successivi. Come «ambulante ittico», con questa qualifica è iscritto alla Camera di Commercio dal ‘68, fa diversi viaggi in Sicilia dove stabilisce contatti con la mafia. Per chi può disporre di alcune navi per il contrabbando di sigarette (una viene sequestrata a giugno al largo della Grecia, un’altra nelle acque di Capri) non è difficile controllare anche il mercato della droga.
È proprio il traffico dell’eroina uno degli elementi di conflitto con gli altri clan in particolare con gli uomini di Bardellino che a Torre Annunziata avevano conquistato una fetta del mercato. I due ultimatum lanciati da Gionta (il secondo scadeva proprio il 26 agosto) sono alcuni dei motivi che hanno scatenato la strage. Ma il clan dei Valentini tenta di allargarsi anche in altre zone. Il 20 maggio a Torre Annunziata viene ucciso Leopoldo Del Gaudio, boss di Ponte Persica, controllava il mercato dei fiori di Pompei. A luglio Gionta acquista camion e attrezzature per rimettere in piedi anche il mercato della carne. Un settore controllato dal clan degli Alfieri di Boscoreale, legato a Bardellino.
Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata. E tra i 54 mandati di cattura emessi dal Tribunale di Napoli il 3 novembre dell’anno scorso ci sono anche i nomi di Carmine Alfieri e Antonio Bardellino. Con la strage l’attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati. Un’ipotesi sulla quale stanno indagando gli inquirenti e che potrebbe segnare una svolta anche nelle alleanze della «Nuova famiglia». Un accordo tra Bardellino e Nuvoletta avrebbe avuto come prezzo proprio l’eliminazione del boss di Torre Annunziata e una nuova distribuzione dei grossi interessi economici dell’area vesuviana. Con la cattura di Valentino Gionta salgono a ventotto i presunti camorristi del clan arrestati da carabinieri e polizia dopo la strage.
Ancora latitanti il fratello del boss, Ernesto Gionta, e il suocero, Pasquale Donnarumma”. CLICCA QUI E METTI MI PIACE ALLA NOSTRA PAGINA FACEBOOK