“Calabria Terra Mia”, Falcomatà: “Muccino ha posto limiti ad una narrazione che è sconfinata”


Le parole di Giuseppe Falcomatà, sindaco di Reggio Calabria, in merito al cortometraggio presentato al Festival del Cinema di Roma da Gabriele Muccino, “Calabria Terra Mia”.

Ho visto solo adesso lo spot di 8 minuti (oltre due dedicati ai soli titoli di testa e coda) scritto e diretto da Gabriele Muccino che narra una Calabria da romanzo Harmony: una bella storia d’amore fra Raoul Bova e Rocio Munoz Morales vissuta in una realtà goffamente artefatta e stereotipata.
I ragazzi seduti ai tavolini con coppola e bretelle, le donne con indosso abiti tirati fuori dagli armadi degli anni ’50, l’uomo che trascina gli asini sono immagini che confliggono con l’esistente e, soprattutto, con la voglia di emergere, la fatica e il desiderio d’affermarsi di una terra che ha sì il mare cristallino, i colori dei campi e i sapori degli agrumi, ma ha anche tanto, tantissimo altro da raccontare.
Muccino ha posto limiti ad una narrazione che è sconfinata.
Avrebbe potuto riprendere ogni angolo che trasuda storia, una qualsiasi eccellenza nel campo dell’artigianato, della tecnologia o delle arti. In sei minuti, si sarebbero potute descrivere tradizione e modernità, mari, colline e monti, peculiarità enogastronomiche che, da nord a sud della regione, vanno ben oltre le clementine che sono soltanto una delle nostre infinite ricchezze.
Avrebbe potuto inquadrare la Calabria con gli occhi di Ibico, Pitagora, Anassila, Milone, Nosside, Zaleuco, dei Bronzi di Riace, di Mattia Preti e Umberto Boccioni, di Mimmo Rotella o Rino Gaetano. Fra gli oltre due minuti di titoli di testa e coda avrebbe potuto far ascoltare e vedere la Calabria di Mia Martini, di Mino Reitano e Brunori Sas, di Renato Dulbecco, Gianni Versace e Gianni Amelio, di Tommaso Campanella e Corrado Alvaro, di Leonida Repaci o Gioacchino da Fiore… Insomma, avrebbe potuto ma forse non sapeva.
Adesso lo sa.
Ps: questa è Pentedattilo per esempio…