Fondi pensione, andamento costante in pandemia ma non per giovani e donne


NordEst – Il 2020 poteva essere un anno peggiore, ma la crisi pandemica non ha avuto un impatto più grosso del previsto. I rendimenti sono in crescita, soprattutto per i fondi pensione che, al di là dei costi di gestione e fiscalità, hanno guadagnato il 3,1 e il 2,9%.

Nello stesso periodo il TFR si è rivalutato dell’1,2%. In tutto ciò il sistema di previdenza complementare in Italia deve fare i conti con una decrescita degli iscritti che nel 2020 sono stati 8,4 milioni. L’adesione negli under 35 è rimasta contenuta, essendo questa fascia d’età corrispondete al 22,7% di tutto il bacino. Le donne si fermano a quota 38,3%. Restano comunque delle incognite, tra queste in primis la ricaduta sul mondo del lavoro, una volta che le misure del governo, su tutte il blocco dei licenziamenti, saranno superate. Stando a Mario Padula, numero uno del COVIP, il sistema previdenziale ha retto ai colpi della pandemia.

Lo stesso Padula, nelle sue “Considerazioni”, ha fatto il punto del 2020: 290 miliardi di risparmio previdenziale fioccati nelle casse della COVIP, di cui 198 riconducibili a fondi pensione e 96 alle casse di previdenza.

Le risorse accumulate dalle forme di previdenza, sottolinea Padula, sono lievitate del 6,7% rispetto al 2019, per un totale pari al 12% del PIL e del 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. Alla fine del 2020 risultavano essere attivi 372 fondi pensione: 33 “negoziali”, 42 “aperti”, 71 piani individuali pensionistici (Pip) e 226 fondi preesistenti. Come è noto, di questa gamma di Fondi non fa più parte FondInps, che è stato soppresso con il conferimento al fondo Cometa delle posizioni degli iscritti e dei flussi futuri di Tfr.

Su un totale di 8,4 milioni di iscritti alla previdenza integrativa, in aumento del 2,2%, 3,2 milioni hanno aderito a fondi negoziali, quasi 1,6 milioni a fondi aperti e 3,3 milioni ai Pip. Gli iscritti ai fondi preesistenti sono più o meno 600.000mila.

Intanto l’appeal delle pensioni complementari resta un tema sentito per gli uomini (61,7%) e nel 2020 si conferma ancora una volta il gap generazionale con la prevalenza delle classi intermedie e prossime al pensionamento: il 51,6% degli iscritti ha un’età compresa tra 35 e 54 anni, il 31% ha almeno 55 anni mentre gli under 35 si fermano al 22,7%. A livello geografico è il Nord a mostrarsi più sensibile alla previdenza complementare, con il 57% degli aderenti.

Sempre relativamente al 2020, il flusso di contributi ha raggiunto 16,5 miliardi, 5,5 di questi in fondi negoziali, 2,3 in fondi aperti, 4,6 in Pip e 3,9 in fondi preesistenti. Il contributo medio per singolo iscritto è stato di 2.740.

Sul fronte previdenza integrativa il Covip ha evidenziato che c’è stato un recupero che ha consentito ai fondi negoziali di garantire un rendimento medio del 3,1% e ai fondi aperti del 2,9%. Il TFR dall’altro lato si è rivalutato dell’1,2%. Il 56,1% in obbligazioni e titoli, il 17,5% sul debito italiano. Gli investimenti inoltre restano concentrati su obbligazioni governative e titoli di debito, con una quota del 17,5% riconducibile a titoli di debito italiano. Aumentano i titoli di capitale, al 19,6% rispetto al 18,9% del 2019.

Nell’ultimo anno pre-pandemico il risparmio previdenziale ammontava a valori di mercato a 96 miliardi con un aumento di 9 sul 2018. Tra il 2011 e il 2019 la relazione Covip ha evidenziato come le attività delle casse siano cresciute complessivamente di 40,3 miliardi di euro (72,3%).

Sull’andamento delle adesioni alle forme integrative Covip mette in mostra il quadro variegato degli ultimi anni. La vigilanza dei fondi pensione ha fatto notare le differenze nella partecipazione al sistema, anche in aree diverse. Tutte varianti indipendenti ma legate a livello di inclusione nel mercato del lavoro. Un potenziale danno, soprattutto per traguardi a lungo termine come quelli previdenziali.